Donato Labate
Gli impianti produttivi della collina modenese in età romana:
note sulla produzione di ceramica e di lucerne
fig. 15 – Savignano sul Panaro, podere Pratoguarrato. Mattone con bollo della fornace FORTIS.
Le recenti indagini archeologiche (ricognizioni
di superficie e scavi) condotte nel territorio di
Savignano sul Panaro, ubicato sulle prime colline
del Modenese, e l’edizione dell’Atlante dei Beni
Archeologici della collina modenese1 hanno consentito di acquisire nuovi dati sulla produzione
della ceramica in età romana nel Modenese. Mutina, per esplicita attestazione pliniana, è celebrata
in età alto imperiale per la produzione ceramica.
Le attestazioni archeologiche, oltre a confermare
la fonte letteraria, ne chiariscono la rilevanza e
l’ampio arco temporale che va dall’età repubblicana
al Tardoantico. Per tutta l’età romana Mutina è,
pertanto, da considerare un centro di eccellenza
per la produzione fittile e in particolare per la
produzione di lucerne.
Nel Savignanese, nel podere Pratoguarrato si è
voluta ubicare l’officina di FORTIS, il maggiore
produttore di lucerne del mondo romano, grazie al
rinvenimento della famosa “lastra fittile”; si tratta
in realtà del frammento di un mattone sesquipedale con una bugna (mamillae) e bollo AD FORN
CAT / L AEMILI / FORTIS (fig. 15)2. Dallo stesso sito,
provengono anche dei manufatti (matrici e scarti
di cottura) che attestano la presenza di impianti
produttivi annessi ad una villa urbano-rustica, al
pari della villa di podere Melda di Sotto che ha
restituito i mosaici oggetto di studio di questo
catalogo. Anche da podere Melda provengono
scarti di cottura di ceramica tardoantica scoperti
sia nell’800, negli scavi di Arsenio Crespellani, sia
più recentemente a seguito delle ricognizioni di
superficie condotte da Ivan Zaccarelli3. Tra i reperti
recuperati da Crespellani figura il fondo di una
brocca in ceramica depurata grigia con rivestimento vetroso grigio (fig. 16) da riferire certamente ad
uno scarto di produzione di ceramica a rivestimento rosso vetrificato dall’alta temperatura raggiunta
in fornace. La conferma della presenza d’impianti
produttivi a podere Melda si è avuta nelle ricognizioni di Ivan Zaccarelli che ha localizzato, a sud
degli affioramenti principali della pars rustica della
villa, un’area con affioramenti di scarti di cottura
relativi sia a laterizi che a ceramica (fig. 41). In particolare è stato recuperato uno scarto con diverse
pareti di ceramiche comuni semivetrificate e fuse
insieme, da riferire verosimilmente a produzioni
tardoantiche la cui presenza è testimoniata anche
da frammenti di ceramica a rivestimento rosso con
difetti di cottura4.
Atlante 2009.
PARRA 1983c; MICHELINI 1988; Scheda SV 14 (F. GUANDALINI), in Atlante 2009, I, p. 182-185, ivi bib prec.; LABATE 2010a, pp. 28-30.
3
Scheda SV 64 (C. CORTI), in Atlante 2009, I, pp. 190-191.
4
Cfr. in questo volume il contributo di C. CORTI.
1
2
33
DONATO LABATE
L’insediamento sparso della collina è spesso dotato
di impianti produttivi. Nel territorio collinare
sono stati censiti 52 insediamenti con fornaci, 38
associati all’insediamento sparso (18 a ville urbano-rustiche e 20 a fattorie)15 e 14 da riferire a veri
e propri complessi produttivi (alcuni con più fornaci) apparentemente separati dagli insediamenti
rustici, anche se non è affatto da escludere la loro
pertinenza alla proprietà fondiaria di alcuni di essi.
Nel complesso, nella fascia collinare, il rapporto
tra impianti produttivi e l’insediamento sparso è di
poco più di un impianto ogni tre insediamenti16.
fig. 16 – Savignano sul Panaro, podere Melda di Sotto. Scarto
di cottura di ceramica verniciata tarda.
La presenza di impianti per la produzione fittile
in relazione agli insediamenti rustici nell’agro mutinense è molto diffusa e tali produzioni sono da
considerare parte integrante dell’economia agricola
con sfruttamento delle risorse naturali (argilla,
acqua e legno) per la lavorazione e produzione di
laterizi e ceramica.
La collina, in particolare, ha restituito testimonianze davvero significative di tale vivacità. Tra
le peculiarità emerse in tutti gli scavi realizzati
nel territorio collinare vi è la presenza d’impianti
per la produzione fittile5. Nel complesso sono
stati sottoposti ad indagini archeologiche otto
insediamenti: cinque da riferire a fornaci o a complessi produttivi (Torre delle Oche a Maranello6,
Gemintone a Sassuolo7, Grillenzona a Solignano
di Castelvetro8, Campo Sportivo a Castelvetro9),
tre ad insediamenti rustici con annessi impianti
produttivi (Melda di Sotto a Savignano10, Montegibbio a Sassuolo11, Castelletto a Spilamberto12) ed
uno da riferire ad un probabile vicus con impianti
produttivi13 (Ergastolo a Spilamberto)14.
Della distribuzione degli impianti produttivi in collina, della loro articolazione, del rapporto tra questi
e l’insediamento sparso, sul tipo di produzioni e
cronologia si è già trattato in altra sede17. In questo
lavoro si prenderanno in esame le produzioni attestate nel Savignanese: a partire dalle più recenti, le
ceramiche tardoantiche presenti a podere Melda e a
Pratoguarrato, fino a quelle più antiche, le lucerne
a canale documentate a Pratoguarrato. L’importanza di queste produzioni e in particolare quella
delle lucerne a canale sarà evidenziata con le novità
emerse dai recenti rinvenimenti del Modenese18.
Per quanto concerne le produzioni di ceramiche
tardoantiche l’area pedecollinare si è rivelata particolarmente attiva in questo settore produttivo:
oltre le fornaci di Melda19 e Pratoguarrato20, da
cui provengono tre rotelle (fig. 18) per decorare
le tese dei piatti tardoantichi, scarti di cottura dei
medesimi e una matrice con serie di impressioni
circolari a contorno di una figura animale (fig. 19)
del IV-V sec. d.C.21, è da segnalare anche il com-
LABATE 2010a, p. 24.
Scheda MA 13 (N. GIORDANI), in Atlante 2009, I, pp. 253-255.
7
Scheda SA 22 (N. GIORDANI), in Atlante 2009, I, pp. 285-287.
8
LABATE 2010a, pp. 27 e 29; ID. 2006, p. 36. Nella Carta Archeologica della Provincia di Modena la fornace scavata nel podere
Grillenzona è indicato con la sigla CV 195.
9
Scheda CV 12 (N. GIORDANI), in Atlante 2009, I, pp. 127-128; LABATE 2006.
10
Scheda SV 64 (C. CORTI), in Atlante 2009, I, pp. 190-191.
11
Scheda SA 24 (F. GUANDALINI), in Atlante 2009, I, pp. 287-290.
12
Scheda SP 8 (N. GIORDANI), in Atlante 2009, II, pp. 160-162.
13
Scheda SP 101 (F. BENASSI, D. LABATE), in Atlante 2009, II, pp. 169-170.
14
In tre casi, Montegibbio, Giumentone ed Ergastolo la presenza delle fornaci sembra collegata ad un’area sacra. Per una possibile
relazione tra i sacra e gli impianti produttivi cfr. i recenti contributi di Maria Teresa Pellicioni (PELLICIONI 2010; EAD. 2012).
15
Le fornaci sono maggiormente attestate vicino alle ville (40% dei casi) e in misura minore vicino alle fattorie (21% dei casi) cfr.
LABATE 2010a, p. 25.
16
La stessa percentuale è documentata nell’agro centuriato a sud di Mutina nell’area di Baggiovara (LABATE 2011, p. 25. In questa
zona tutte le ville urbano rustiche attestate nelle 25 centurie prese in esame sono dotate di impianti produttivi. La percentuale si riduce ad
1/5 se si prendono in esame tutti gli insediamenti sparsi documentati nel territorio della provincia di Modena: dalla pianura alla montagna
sono stati censiti 114 siti con impianti produttivi si un totale di circa 700 insediamenti rustici di età romana (LABATE 2003, pp. 35-36).
17
LABATE 2010c.
18
LABATE 2010a; ID. 2012.
19
Cfr. infra contributo di CORTI.
20
Cfr. supra nota 2.
21
La datazione della matrice, che raffigura probabilmente un pesce, potrebbe datarsi al Tardoantico per la presenza delle impressioni
circolari attestate sia sulle rotelle tardoantiche di Pratoguarrato sia sulle matrici di Cà del Cristo riferibili allo steso periodo. La matrice
veniva forse utilizzata per ricavare decorazioni a rilievo sulle pareti di grandi coppe, come quelle prodotte a Cà del Cristo (cfr nota 22).
5
6
34
GLI IMPIANTI PRODUTTIVI DELLA COLLINA MODENESE IN ETÀ ROMANA: CERAMICA E LUCERNE
fig. 17 – Distribuzione degli insediamenti (fattorie, ville e impianti produttivi) nella collina modenese. 1. Savignano,
Melda di Sotto; 2. Spilamberto, Castelletto; 3. Spilamberto, Ergastolo; 4. Castelvetro, Campo Sportivo; 5. Castelvetro,
Grillenzona; 6. Maranello, Torre delle Oche; 7. Sassuolo, Montegibbio; 8. Sassuolo, Gemintone. A. Savignano, Melda
di Sotto (ceramica a rivestimento rosso, ceramica comune); B. Savignano, Pratoguarrato (ceramica a rivestimento rosso,
lucerne, ceramica comune); C. Spilamberto, Ergastolo (ceramica comune, anforette, ceramica a pareti sottili); D. Castelvetro,
Collecchio (ceramica da cucina) E. Castelvetro, Ariano (ceramica comune); F. Castelvetro, Campo Sportivo (ceramica
comune, anforette); G. Castelvetro, Agnano (ceramica comune); H. Castelvetro, Molza-San Pietro (ceramica comune,
anforette); I. Castelvetro, Medusi (ceramica comune); L. Castelvetro, Riva di Sotto (ceramica comune); M. Castelvetro,
Borgorondoni (ceramica con rivestimento rosso); N. Castelvetro, Grillenzona (ceramica con rivestimento rosso, ceramica
comune); O. Castelnuovo, Cà del Cristo (ceramica comune con decorazione a rilievo, ceramica a rivestimento rosso);
P. Maranello, Torre delle Oche (anfore); Q. Sassuolo, Giumentone (anforette); R. Sassuolo, Montegibbio (ceramica comune).
plesso produttivo di Castelnuovo-Cà del Cristo22
da cui provengono numerose matrici di ceramica
con decorazione a rilevo per grandi coppe (fig.
20) e scarti di cottura di ceramica a rivestimento
rosso23. Questa produzione è inoltre presente nella
fornace Grillenzona e in quella di Borgorondoni
con numerosi frammenti di ceramica a rivestimento rosso e alcuni scarti di cottura24.
Per quanto concerne la produzione di lucerne
Pratoguarrato ha restituito una lucerna a canale
con firma PHOETASPI, probabile scarto di cottura,
e quattro matrici: tre da riferire alla produzione
di lucerne a canale aperto ed una alla produzione
verosimilmente di lucerne tardo repubblicane
(fig. 22). Quest’ultima, per il tipo di vasca con il
fondo piatto, si avvicina molto alle matrici delle
lucerne tardo repubblicane rinvenute a Magreta e
Cittanova25.
La datazione al Tardoantico delle matrici di di Cà del Cristo è suggerita dal rinvenimento di un frammento di parete di ceramica con gli
stessi motivi decorativi di una delle matrici di Cà del Cristo rinvenuto in uno dei pozzi tardoantichi di San Cesario.
22
Scheda CR 1 (D. LABATE), in Atlante 2009, II, pp. 20-21.
23
Si sono inoltre rinvenuti scarti di cottura di ceramica comune, di laterizi (esagonette, coppi, tegole) e forse di terra sigillata ed
inoltre distanziatori da fornace di forma tronconica uno dei quali saldato, per difetto di cottura, ad alcune coppe di ceramica comune con
decorazione a rilevo (LABATE 2010a, pp. 28-29).
24
LABATE 2010a, p. 29.
25
Per Magreta cfr. PARRA 1983b e da ultimo cfr. scheda FO 40 (D. LABATE, R. MUSSATI, C. STOPPANI), in Atlante 2009, 2, pp.
285-290 ivi bib. prec.; GIORDANI 2001. Per Cittanova cfr. LABATE, PALAZZINI 2009; LABATE 2009; ID. 2010b; ID. 2012.
35
DONATO LABATE
fig. 18 – Savignano sul Panaro, podere
Pratoguarrato. Matrici a rotelle per decorare
la tesa di piatti tardoantichi.
fig. 19 – Savignano sul Panaro, podere
Pratoguarrato. Matrice con figura stilizzata
di un mammifero.
fig. 20 – Castelnuovo Rangone, podere Cà
del Cristo. Matrice per la produzione di
ceramica con decorazione a rilievo.
fig. 21 – Savignano sul Panaro, podere
Pratoguarrato. Matrici per la produzione
di lucerne a canale aperto.
36
GLI IMPIANTI PRODUTTIVI DELLA COLLINA MODENESE IN ETÀ ROMANA: CERAMICA E LUCERNE
Questi ultimi rinvenimenti gettano nuova luce
sulla produzione delle lucerne a canale ed in particolare sulle officine di FORTIS e PHOETASPI attive
nel Modenese30. Di questi due produttori è stata di
recente localizzata a Modena una delle fornaci per
la cottura di lucerne: a canale chiuso in viale Reiter
e a canale aperto nel parco Novi Sad31. In queste
zone, collocate nel suburbio di Mutina, sono state
scoperte le discariche delle fornaci contenenti un
numero considerevole di scarti di cottura di lucerne a canale di diversi produttori. Particolarmente
significativo è il rinvenimento di Viale Reiter per la
presenza nello stesso contesto degli scarti di cottura
di lucerne a canale chiuso con le firme di cinque
diversi produttori: FORTIS, STROBILI, COMMUNIS,
PHOETASPI ed EVCARPI (figg. 23-24). Si tratta dei
maggiori produttori di lucerne che fabbricavano
contemporaneamente diverse forme di lucerne a
canale chiuso (fig. 24)32. Gli scarti delle lucerne
sono stati rinvenuti associati a scarti di cottura di
altre produzioni fittili (ceramica comune, ceramica
verniciata alto imperiale, terra sigillata norditalica,
anfore Dressel 2-5, mattonelle pavimentali) che
concorrono a datare il contesto alla prima metà del
I secolo d.C. L’inizio della produzione delle lucerne
a canale, riferito ai primi decenni del I sec. d.C. o
all’inizio dell’età flavia, è ancora molto discusso33:
i rinvenimenti di Modena, a cominciare dalle
attestazioni della Cassa di Risparmio34 a quelle più
recenti di Viale Reiter e Novi Sad, consoliderebbero
una datazione dell’inizio della produzione di questo
tipo di lucerne già nel corso dell’età augustea-tiberiana. A sostegno di questa datazione sarebbero da
annoverare altre due attestazioni modenesi: la prima
dalla necropoli di Cittanova: la Tomba 61 ha restituito una lucerna a canale chiuso (tipo Buchi IX b) con
firma SABINI associata ad un piatto a vernice nera
(Morel 2277), con bollo in planta pedis AMAND[I],
databile non oltre l’età tiberiana35; la seconda dalla
fig. 22 – Savignano sul Panaro, podere Pratoguarrato. Matrice
per la produzione di lucerne repubblicane (?).
Di matrici per lucerne il territorio di Modena ha
restituito un numero davvero significativo26 che,
associato al consistente numero di scarti di cottura,
fa di Mutina certamente uno dei centri più importanti per la fabbricazione di lucerne dalla tarda età
repubblicana all’alto impero. Nel complesso sono
attestate le produzioni di lucerne repubblicane, del
tipo a matrice di tradizione ellenistica; lucerne tardo
repubblicane/augustee, del tipo Dressel 3; lucerne
di età alto imperiale, del tipo a volute e a canale. Ai
noti rinvenimenti di Magreta (lucerne di tradizione
ellenistica, a volute e a canale) e di Savignano sul
Panaro (lucerne a canale aperto), si sono aggiunti in
questi anni i nuovi rinvenimenti di Cittanova (lucerne di tradizione ellenistica e di tipo Dressel 3)27,
di Modena, Viale Reiter (lucerne a canale chiuso)28
e di Modena, Novi Sad (lucerne a canale aperto)29.
26
Nella fornace di Magreta sono documentate 43 matrici per lucerne, tutte di tradizione ellenistica ad esclusione di due: una per
lucerne a volute ed una per lucerne a canale. Dalla Fornace di Savignano sono attestate quattro matrici tre delle quali per lucerne a canale.
Da Cittanova alcune decine di matrici per lucerne di tradizione ellenistica e tipo Dreseel 3 (cfr. nota prec.).
27
A Cittanova, in prossimità di un santuario di età repubblicana e a margine della strada consolare di Marco Emilio Lepido, è
stato messo in luce un complesso, forse una mutatio con un grande piazzale per mercato, dotato di officine per la produzione di lucerne.
Oltre le fornaci (ne sono state individuate tre di forma circolare e di tipo verticale di tradizione etrusca) sono state recuperate numerose
matrici per lucerne e tanti scarti di produzioni di lucerne deformate o vetrificate (LABATE 2009). Si tratterebbe del secondo impianto
modenese, con quello di Magreta, di produzione di lucerne ellenistiche e del primo impianto produttivo di lucerne tipo Dressel 3 a cui
forse è da aggiungere un secondo impianto attestato nel Carpigiano, come farebbe supporre il ritrovamento di scarti di cottura di questo
tipo di lucerne (CORTI 2004, p. 183).
28
LABATE 2010b.
29
LABATE 2012.
30
Cfr. nota 2.
31
Cfr. note 28 e 29.
32
Si producevano contemporaneamente i tipi IXa, IXb e IXc del Loeschcke (per la descrizione dei tipi cfr. BUCHI 1975).
33
Cfr. da ultimo FERRARESI 2004, ivi bib. prec.
34
MACCHIORO 1988, p. 431, figg. 359-361.
35
LABATE 2010b, p. 326. La necropoli ha restituito 144 sepolture (I sec. a.C.-II sec. d.C.) in parte edite. La Tomba 61 è esposta nelle
vetrine del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena (GIORDANI, LOSI 1993).
37
DONATO LABATE
fig. 23 – Modena, Via Reiter. Scarti di
cottura di lucerne a canale chiuso con le
firme dei produttori.
fig. 24 – Modena, Via Reiter. Parte anteriore
delle lucerne a canale chiuso.
necropoli di Novi Sad: la Tomba 365 conteneva
una lucerna a canale chiuso (tipo Buchi IXc) che
reca sul fondo la firma, con caratteri rovesciati, M
FORTIS F, da sciogliere M(utina) / FORTIS / F(ecit).
Quest’ultima lucerna è di particolare interesse in
quanto si tratterebbe della seconda testimonianza
della firma FORTIS associata al territorio di produzione: della prima, da Casaleone presso Verona, si
conosce la firma M FORTIS F ma non il tipo di lucerna
ed i caratteri del bollo36, la lucerna di Novi Sad è
di particolare interesse sia per il tipo d’iscrizione
(sinistrosa) sia per l’inserimento della firma in un
cartiglio a tabula ansata affiancato da una palmetta
stilizzata (figg. 25-27). Si tratta di elementi distintivi
di una datazione precoce della produzione di questo
tipo di lucerne d’ascrivere all’inizio del I sec. d.C.37,
datazione che trova riscontro con le lucerne a canale
chiuso rinvenute negli scavi della Cassa di Risparmio
di Modena, in contesti di età augustea-tiberiana e
comunque in un periodo che non oltrepassa l’età
claudia38. La lucerna Fortis di Novi Sad potrebbe
essere considerata il protos euretès del tipo a canale
in precedenza attribuito a Strobilus (dal Loeschcke
in poi)39 del quale però non si conoscono esempi
precoci come la nostra di Novi Sad40.
Da Novi Sad provengono altre eloquenti testimonianze di ulteriori produzioni modenesi, questa
volta di lucerne a canale aperto con nuove firme
NSc 1901, p. 292; BUCHI 1975, p. 65; PARRA 1983c, p. 104; FORTE 1988, pp. 108 ss.
Nella terra sigillata i bolli rettangolari e in tabula ansata sono tipici dell’età augustea e prototiberiana e precedono la diffusione
a partire dall’età tiberiana dei bolli in planta pedis.
38
MACCHIORO 1988, pp. 431-434 ivi bib. prec. Datazione che trova conferma nei rinvenimenti del Magdalensberg (ivi).
39
PARRA 1983a.
40
Da segnalare che la lucerna di Novi Sad è stata rinvenuta in una tomba ad incinerazione (T. 365) databile entro la metà del I sec.
d.C.: il corredo era composto da un asse di bronzo di M. Agrippa, emesso sotto l’imperatore Caligola (37-41 d.C.), da altre tre lucerne (una
a canale chiuso con bollo FORTIS, una a canale chiuso con bollo VP BIO / F ed una lucerna a volute con disco figurato), da una coppetta
Dragendorff 24-25, da un fondo di terra sigillata con bollo in planta pedis SMP, da un balsamario tubolare Isings 8 e da altri reperti meno
significativi ai fini della datazione. La lucerna con bollo FORTIS in tabula ansata sembra il reperto più antico del corredo e si differenzia
molto come tipo di produzione dalle altre due a canale chiuso di tipo più comune.
36
37
38
GLI IMPIANTI PRODUTTIVI DELLA COLLINA MODENESE IN ETÀ ROMANA: CERAMICA E LUCERNE
figg. 25-26 – Modena, Parco
Novi Sad, Tomba 365.
Lucerna a canale chiuso
con firma FORTIS. 25. Parte
anteriore; 26. Rovescio.
fig. 28 – Modena, Parco Novi Sad, discarica Sud Ovest. Scarto
di produzione di lucerna a canale aperto con firma OCTAVI.
e alla policne la firma FORTIS, presente su una tricline con presa raffigurante il busto di Giove (figg.
30-31). Il contesto di rinvenimento si data tra la
seconda metà del I e l’inizio del II sec. d.C41.
Complessivamente, dai rinvenimenti modenesi di
questi ultimi anni, è possibile riferire a Mutina
ben sette produttori FORTIS, STROBILI, COMMVNIS,
PHOETASPI, EVCARPI, OCTAVI e CASSI ai quali sarebbero d’aggiungere altri quattro produttori FADIVS, MENANDER, CERINTHVS e PRISCVS noti dalle
attestazioni epigrafiche42: le firme di 11 produttori,
ai quali si dovrebbe aggiungere il nome CAELI,
documentato su una lucerna a canale aperto
fig. 27 – Modena, Parco Novi Sad, Tomba 365. Firma FORTIS
entro cartiglio.
di produttori. Da una grande discarica sono stati
recuperati diversi scarti di cottura sia di lucerne a
canale aperto del tipo forma corta (figg. 28-29) sia
del tipo policne (fig. 30), varianti del tipo Buchi
Xa. Alla forma corta appartengono la firme di
OCTAVI e CASSI (la prima con una presa ad anello
e la seconda con le comuni borchiette sulla spalla)
41
42
LABATE 2012; Novi Sad 2010, p. 21.
FORTE 1988; GIORDANI 2001, p. 263.
39
DONATO LABATE
fig. 29 – Modena, Parco Novi Sad, discarica Sud Ovest. Scarto
di produzione di lucerna a canale aperto con firma CASSI.
fig. 31 – Modena, Parco Novi Sad, discarica Sud Ovest. Scarto
di produzione di lucerna trilicne a canale aperto con e firma
FORTIS (rovescio della lucerna della fig. 30).
fig. 30 – Modena, Parco Novi Sad, discarica Sud Ovest. Scarto
di produzione di lucerna trilicne a canale aperto con busto
di Giove e firma FORTIS.
fig. 32 – Modena, Via Viazza di Cittanova. Presa di lucerna
(a volute?) con firma del produttore.
con beccuccio corto43. Dodici firme tra le quali
figurano i maggiori produttori ed esportatori di
lucerne del mondo romano (FORTIS e STROBILI).
L’importanza che rivestì nei primi secolo dell’impero la produzione modenese di lucerne a
canale può fornirla indirettamente l’attestazioni
di tali prodotti ad Aquileia. Se si prendono in
esame le 1337 lucerne a canale edite dal Buchi
con la relativa firma dei produttori emerge che i
12 produttori modenesi appaiono su circa la metà
delle lucerne rinvenute negli scavi di Aquileia
(614 su 1337 lucerne) e rappresentano il 46%
delle attestazioni. Di queste una ragguardevole
percentuale reca la firma FORTIS: 342 lucerne,
pari al 26% del totale delle attestazioni aquileiesi.
Sono dati rilevanti che testimoniano l’enorme
capacità imprenditoriale dei produttori modenesi.
Capacità celebrata da Plinio il Vecchio, che trova
le radici sia nelle precedenti e non meno importanti produzioni di lucerne modenesi della tarda
età repubblicana44 sia nelle meno note lucerne a
volute firmate MVTINA PRISCVS F(ECIT) 45, con il
toponimo in questo caso reso per esteso e senza
la sola abbreviazione M (fig. 32).
43
Si tratta di uno scarto di cottura esposto nelle vetrine del civico museo di Modena tra i materiali della villa urbano-rustica della
Scartazza La provenienza dalla Scartazza è ritenuta dubbia dalla Parra (PARRA 1983a, p. 82) in ogni caso si tratta di uno scarto di cottura
proveniente verosimilmente dal Modenese.
44
Si tratta delle lucerne di tradizione ellenistica (Herzblattlampen e tipo Dressel 3), attestate a Magreta, nell’area dei Campi Macri,
e a Cittanova in prossimità di un santuario delle quali sono note anche le firme di alcuni produttori: VAL, ALIX, IVM, T, PMA (CFR. LABATE,
PALAZZINI 2009; LABATE 2010b, ivi bib. prec.)
45
GIORDANI 2001, p. 263.
40
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